12.1 Domenico
Ridola:
un uomo, un intellettuale a Matera.
Nel 1883 Giovanni Pascoli, che insegnava
in quegli anni a Matera, al Liceo
Classico Duni, così scriveva
a Giosuè Carducci,
suo maestro all'Università di
Bologna: "... non c'è un
libro
qua: da vent'anni che
c'è un liceo a Matera
nessuno
v'è uscito
con tanta
cultura da sentire il bisogno
d'un qualche libro:
i professori
pare che abbiano la scienza infusa:
perciò di
libri
non se nè comprati.
Ci vorrebbe
forse un sussidio dal Governo...".
La realtà era fortunatamente
diversa:
in quegli
anni
a Matera - pure città del
profondo
Sud - non solo
si leggeva
e si scriveva, ma qualcuno si
dedicava anche ad una attività di
ricerca
all'avanguardia,
perché già sensibile
alle
influenze
del Positivismo
che si stava diffondendo nell'Europa
del secondo Ottocento,
alla
vigilia del nuovo secolo.
Giovanni Pascoli (1855-1912)
Domenico Ridola (1841-1932)
Questo "qualcuno" era
Domenico
Ridola -
medico di professione
- ed archeologo
per passione
- che fece
della ricerca
scientifica
e dell'osservazione,
secondo il
metodo moderno,
la propria
missione. Una
missione che
coltivò nella
sua Matera,
nonostante
la città,
come tutto
il Sud,
non
fosse al
centro
degli interessi
dello Stato unitario appena nato. Nel 1883, infatti, Ridola stava portando alla luce i segni della grande civilità della sua città.
Scopriva i più importanti siti archeologici del
territorio, testimonianze della presenza dell'uomo a
Matera continuativamente sin dal Paleolitico
inferiore. Alle sue scoperte archeologiche, Domenico
Ridola arrivò con la ricerca sistematica, prudente,
meditata.
Quella
stessa
ricerca
che aveva
consentito
al Ridola
medico
di introdurre
a Matera
strumenti
e metodi
diagnostici
- come
il termometro
ed il microscopio
- fino
ad allora
ignoti
in terra
lucana.
Maestro
di grande
fascino,
anche se
riservato,
la sua
inclinazione
era quella
di non
esultare
immediatamente
per una
scoperta
che doveva,
prima di
tutto,
essere
studiata,
vissuta, "riposta" e,
quindi,
collegata
alle altre
scoperte
nel fil
rouge della
ricerca
continua.
Lanterna
utilizzata
dal Ridola
Selci
del Paleolitico
medio
rinvenute
nella
Grotta
dei Pipistrelli
L'interno del Museo
Nazionale
"D. Ridola"
Operai sul luogo di uno dei ritrovamenti
Preciso nei gesti che compiva, insegnava egli stesso agli scavatori, ai contadini ed agli operai che ingaggiava per gli scavi - condotti con mezzi poveri e spesso improvvisati - come usare scalpelli, pugnali o cacciavite per non danneggiare gli scavi. Ambientalista ante-litteram, Ridola non faceva raccogliere i rami caduti dagli alberi, affinché macerando concimassero il terreno.
Ed i contadini lo seguivano anche
negli scavi, caricando sugli asinelli
le sporte gonfie di reperti che
- auspicava Ridola - sarebbero
serviti ad "ingrandire
il Museo".
E' stata
questa
l'avventura
umana
e culturale
di Domenico
Ridola:
un'avventura
sofferta,
faticosa,
talvolta
deludente,
ma animata
dall'autentica
passione
per la
conoscenza,
che ha
mosso
gli uomini
di tutti
i tempi
ed in
ogni
dove, concorrendo all'evoluzione
della
civiltà.
E al Ridola va
riconosciuto
pure
un ulteriore merito per aver
lavorato e studiato, lui, intellettuale
del meridione,
contribuendo alla definizione
di un'identità nazionale,
che consentisse
al Sud
di uscire dall'isolamento
in forza
di una
storia
comune, tutta da scoprire e da
scrivere.
Targa commemorativa
presente nel
Museo Nazionale "D.
Ridola" -
Matera