5.2 I pastori
I pastori erano salariati ed erano aiutati, perché le greggi erano molto grandi, da un ragazzo: prima uagnone, bambino, ragazzino, poi uagnone jranni, bambino grande, quindi abbiscitatore, cioè avvicendatore, supplente, e finalmente pastore.
Un pastore in gamba poteva diventare casiere, faceva il formaggio e poteva addirittura diventare massaro.
Il massaro non viveva in campagna: ci andava ogni mattina ma nel pomeriggio, alle 12, tornava in paese per caciolare, manipolare cioè il formaggio.
Il massaro
Il pastore
Il pastore viveva invece sempre in campagna, da solo: ogni due settimane per 48 ore poteva tornare a casa e "toccare", così dicevano i materani, le lenzuola del letto di casa sua. In campagna dormiva, infatti, vestito, addirittura con i gambali, su un giaciglio di fortuna: al pastore erano attribuite una serie di "disgrazie coniugali" a causa di questa continua assenza.
L'assenza dalla famiglia censurava i rapporti con i figli: non esisteva, infatti, un saldo legame affettivo con il padre, che, spesso, quando tornava esercitava in maniera violenta la sua autorità. Era la madre a gestire effettivamente l'autorità in famiglia e questo, in parte, la risarciva dell'assenza dalla vita sociale.
I figli erano soggetti al volere del padre fino al matrimonio, che era l'unico mezzo per affrancarsi dal potere familiare, per lo più dispotico.
Questa "liberazione" faceva sì che spesso i figli dimenticassero gli anziani genitori, a causa della totale mancanza di legami affettivi e della carenza di mezzi economici.
Unica eccezione era costituita dai figli adottati: gli orfani che erano stati accolti in casa da qualcuno - spesso l'accoglienza era fatta per voto - rimanevano profondamente legati e grati. Erano loro più che i figli naturali a prendersi cura dei genitori.
La famiglia: il rapporto padre - figli era piuttosto "burrascoso"