4.2 Le chiese rupestri
Le chiese cenobitiche, pur non avendo uno stile unico e definito, per lo più imposto dalla struttura della roccia, hanno un impianto iconografico che esprime lo spirito liturgico e la confessione di appartenenza della comunità.
Ma nessuna chiesa rupestre del materano ripete il modulo delle altre. Da un'apertura ad arco si accede ad un vestibolo, con piccole croci graffite, che immette in un oratorio, spazio più raccolto lungo le cui pareti scorre una banchina: nella roccia è scavato un ambone, a forma di parallelepipedo, con al di sopra una cavità lenticolare affrescata. Nelle cripte ad impianto greco il presbiterio, ellissoidale, è separato dall'oratorio dall'iconostasi, ha al centro l'altare e nelle pareti di destra e di sinistra si aprono nicchie, il diaconicon e la prothesis.
Madonna della Croce: particolare del soffitto: croce graffita
La cavità absidale è sempre affrescata e nella volta, in corrispondenza dell'altare, spesso c'è un accenno di cupola.
E' la liturgia, cui la chiesa è destinata, a determinare l'ambiente architettonico e la sua trasformazione. La forma primitiva della chiesa - periodo bizantino -, priva di icone parietali, predilige piccoli volumi giustapposti: una piccola aula cubica dal soffitto piano, con il presbiterio collegato direttamente ad un'abside quadrangolare, con una piccola nicchia sul fondo.
Madonna di Monte Verde: pianta
Santo Stefano di Pandona
La zona liturgica è, dunque, privilegiata rispetto a quella destinata ai fedeli. Gli spazi via via si articolano in sistemi più complessi:
presbiterio rialzato con andamento trasversale, come fosse già un transetto, separato da un arco dall'abside, rialzata anch'essa e coperta da una cupoletta (Santo Stefano di Pandona);
divisione tra l'aula ed il presbiterio attraverso arcate o lunghi parapetti (cripta della Scaletta),
archi ciechi speculari, cupolette in asse nel soffitto (San Vito).
Poco dopo la metà del sec. XI, con la conquista normanna e la latinizzazione del vescovado, sempre più si differenziano gli spazi della liturgia orientale e di quella occidentale.
La chiesa di San Luca alla Selva, d'ispirazione orientale, presenta una straordinaria maturità tecnica, che si esprime nella novità del templon, tramezzo litico tra aula e presbiterio, che raggiunge il soffitto ed occupa una posizione avanzata verso l'aula, della doppia recinzione e del nartece, presente in chiese più tarde.
San Luca alla Selva: abside e presbiterio
Santa Lucia alle Malve: affresco
Tipologie basilicali si diffondono tra il 1000 e 1100, come in Santa Lucia alle Malve.
Ma dal sec. XII comincia a manifestarsi un sempre maggiore disinteresse per l'organizzazione interna delle chiese rupestri: fino al 1300 furono scavate chiese con planimetria libera, incoerente, senza una precisa linea di sviluppo, con vani affastellati e teorie di icone sulle pareti.