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10.2 Il bucato
Il bucato era fatto dalle donne nei recinti, all'aperto: per questo lavoro impiegavano circa una settimana.

I panni venivano raccolti - nzemelèvene - in una grande vasca - spèrte -.

Dopo quindici giorni si mettevano a bagno per ventiquattro ore con la soda in una grande pila di tufo carparo. Per fare il sapone si faceva bollire la soda caustica in acqua e olio, girando costantemente finchè cominciava a filare: quando si raffreddava il sapone era pronto. Dopo l'ammollo nella soda, si rinnovava l'acqua, ormai sporca, e si strofinavano i panni con il sapone: li si lasciava poi ancora un giorno a bagno.

 
 
donne che filano

La tinozza

 
 
bucato

Il bucato

Il procedimento a questo punto si complicava ancora: la biancheria veniva ammucchiata in un cofano forato per far scolare l'acqua. Il cofano veniva coperto con un panno, dal quale sarebbe filtrata la cenere passata attraverso un setaccio - zetèlla -.

Dopo una notte la cenere rendeva bianchissimo il bucato, che si risciacquava la mattina seguente un paio di volte. La rituale e tremenda fatica del bucato si faceva ogni mese o ogni quindici giorni: le tinozze per il lavaggio erano sia in casa sia nel cortile comune. Gli indumenti intimi erano lavati nel cuantaridde, piccolo catino che si teneva all'interno delle mura domestiche. Gli indumenti puliti venivano raccolti negli ampi canestri fatti a mano dalle donne.

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