1.2 Dalle riforme...
Le riforme messe in atto dai sistemi illuministici e dai governi, di Tanucci prima e di Murat poi, avevano prodotto miglioramenti nell'ammodernamento delle colture e nella produttività in generale. Ma l'estensione della proprietà privata nelle campagne non risolse i grossi problemi della condizione contadina, che s'aggravarono ulteriormente.
Alla fine del '700 uno sparuto gruppo di professionisti ed impiegati si contrapponeva debolmente alla grande aristocrazia, costituita da proprietari terrieri, vecchi e nuovi: al di sotto di queste classi sociali, la silente, oscura maggioranza dei contadini, grande massa abbruttita dalla fatica estenuante dei campi e dalla vita quotidiana nelle grotte dei Sassi. La Rivoluzione francese aveva avuto deboli echi nel borgo materano e nel sud in genere, ma quella napoletana del 1799 era invece arrivata, anche se ebbe la antica fisionomia di lotta tra famiglie nobiliari.
Due i clan gentilizi che si scontravano a Matera: la famiglia Mazzei, appartenente alla nobiltà di recente acquisizione, era schierata con la repubblica, i Malvezzi, invece, antichi aristocratici, costituivano il baluardo della monarchia. Il 9 febbraio 1799 alle ore 18, sull'onda delle notizie arrivate da Napoli, venne innalzato in piazza l'albero della libertà, un pino sormontato da nastri tricolori e da un berretto scarlatto e fu demolita la statua di Carlo III di Borbone.
Gioacchino Murat: re di Napoli, in precedenza voloroso generale di Napoleone Bonaparte
Il re Carlo III di Borbone
Nella sede dell'Arcivescovado vennero scelti i membri della nuova amministrazione repubblicana ed il 10 febbraio alla presenza dei magistrati della Regia Udienza si elessero i membri della nuova Municipalità.
Insomma la "rivoluzione" si svolse nel massimo ordine, con l'approvazione delle classi privilegiate e persino con l'"assistenza" dei funzionari regi.
E i contadini? All'inizio erano stati spettatori apparentemente passivi, ma, quando sentirono l'aria di cambiamenti e trasformazioni, la loro più che secolare miseria, la loro degradata vita nelle grotte li spinsero alla ribellione: e questa, sì, senza consensi ed assistenze.
Infatti quando la nuova Amministrazione, che dunque si comportava come la vecchia, impedì ai contadini di andare a "legnare" nelle terre "usurpate", esplose la collera in forme violentissime contro tutti i "signori", contro tutti i possidenti, contro i "repubblicani", come i Mazzei, contro i monarchici come i Malvezzi: i quali, tutti, indistintamente scapparono da Matera.
La ribellione dei contadini nasceva come rivendicazione economica e sociale, era l'antico, atavico sogno del possesso della terra, del lavoro sicuro: per questo i braccianti abitatori del Sasso, estranei alla diatriba politica repubblica - monarchia, ma desiderosi della libertà da bisogni degradanti, abbandonati da sempre a loro stessi e alla loro fame, si ribellarono, rimanendo comunque lontani ed ostili ai moti di rinnovamento politico e sociale Infatti la loro rabbia fu presto strumentalizzata dalle forze della reazione.
Arruolati ai primi di maggio dalle milizie del cardinale Ruffo, marciarono con le truppe borboniche della Restaurazione contro la repubblicana Altamura: l'abile cardinale, manipolatore del consenso, consentì ai contadini di occupare le terre di alcuni latifondisti.