1.2 Ascetismo e santità La ricerca della solitudine ascetica e del silenzio per la meditazione trovò nella gravina di Matera il suo spazio ideale: i benedettini latini o riformati - ne fu grande esponente S. Giovanni da Matera fondatore dell'Ordine Pulsanese - e gli anacoreti orientali ripopolarono le caverne preistoriche e scavarono nuove cripte, eremi, laure, cenobi.
Fino al X, XI sec. è attestata a Matera una presenza longobarda, stanziata in un ridotto spazio della Civita: le necropoli ritrovate sotto l'attuale piazza San Francesco, nell'area della Cattedrale e nel pianoro sovrastante il monastero delle SS. Lucia e Agata alle Malve, ricche di corredi decorativi, confermano tale presenza. In questo periodo un insediamento sparso lungo le conche dei Sassi, piuttosto che concentrato nella civita, è dunque persistente da parte della popolazione locale. Longobardi, infatti, legati alla cultura figurativa beneventana, sono gli affreschi della Cripta del Peccato Originale;
longobarde sono le chiese rupestri del Sasso Barisano: San Vito dei Lombardi, San Martino dei Lombardi, San Lorenzo dei Lombardi. Tra il X e il XII sec. l'habitat rupestre definisce meglio la sua civiltà, caratterizzando gli elementi costitutivi e l'articolazione delle forme espressive.
Cripta del Peccato Originale
Santa Lucia alle Malve
Erchemperto: erudito longobardo (IX secolo)
Ma anche la Civita conosce un più deciso sviluppo: nella "Cronica Cassinese" e nella "Historiola di Erchemperto" si parla di città robustamente fortificata.
Nel 1000 con la conquista normanna Matera riprende un ruolo politico-amministrativo di rilievo e meglio definita è l'interazione tra Sassi e Civita. I Sassi erano ben popolati e presso le chiese rupestri sui pianori erano ubicati i vicinati, dotati di pozzi, come appare da una cartula materana del 1040, rogata dal notaio Materoccius, in cui due fratelli d'etnia longobarda vendono beni dell'asse patrimoniale paterno, posti nel vicinato della postierla di San Martino, la porta della cinta muraria accanto alla quale è la chiesa rupestre di San Martino.
L'arredo pittorico ed architettonico di gran parte delle chiese rupestri è arricchito o addirittura definito proprio nel corso del Mille e del Millecento: questo avviene perché nel luogo di culto una comunità, viva e peculiarmente organizzata, realizza il suo rapporto con il sacro, lasciando testimonianza di sé.